sabato 12 ottobre 2019

SHAKESPEARE IN LOVE



No, non ho nulla in comune con Ezechiele Lupo, le cui storie apparivano continuamente, ai miei tempi, sul settimanale Topolino (ora sono del tutto scomparse, chissà perché; forse alla Disney pensano che, in tempi di veganesimo, sia diseducativo mostrare un lupo che cerca di mangiare i porcellini).
Soprattutto, non ho mai pensato seriamente di calcare il palcoscenico; nella prima recita di cui ho memoria, all’asilo, fui protagonista di un “incidente” di cui vi risparmio i mortificanti particolari.
Eppure, come non finirò mai di ripetere, i fumetti sono stati la mia scuola di vita; e dunque da essi ho imparato molte cose, e tra queste, a conoscere un certo WILLIAM SHAKESPEARE.




Avevo nove anni quando lessi “Ezechiele Lupo in teatro”; una storia dalla trama semplice ma istruttiva. Il nostro protagonista tenta un ennesimo inganno per catturare i tre porcellini: promette al figlio Lupetto di cambiare vita e di diventare attore. Allestisce allora uno spettacolo teatrale; affronta stoicamente uno stuolo di villani che, durante il monologo di Amleto, gli lanciano ogni sorta di ortaggi; e quando tutto il pubblico si è allontanato, annoiato a morte, e sono rimasti in sala solo i porcellini mezzi addormentati, li coglie indifesi e li cattura con una rete.
Geniale il finale; i lanciatori di ortaggi ritornano; spiegano che erano andati solo a rifornirsi di munizioni; pretendono il bis del monologo; e costringono Ezechiele a liberare i porcellini e ad affrontare una nuova, umiliante grandinata di pomodori.



Ora che siamo grandi, sappiamo che il monologo di Amleto non dovrebbe indurre noia, ma ispirare profonde-riflessioni-sul-senso-della-vita; ma gli autori di questa storia hanno trovato secondo me l’approccio giusto, ironizzando sulla “pesantezza” del testo ma riuscendo così a far imparare ai bambini che “Essere o non essere” non è uno slogan pubblicitario.

L’altra mia grande fonte di conoscenza, come ho scritto già altre volte, erano i fumetti dei super eroi; ed ecco qui Batman con “La morte è di scena”, una storia per lettori un po’ più grandini rispetto a quella di Ezechiele Lupo, e che ripresi più volte in varie fasce di età, facendomi all’inizio aiutare da mio fratello.



Qui gli autori immaginano che nella tentacolare Gotham City si svolga un festival scespiriano, con rappresentazioni all’aperto; l’eroe mascherato deve intervenire più volte a sventare attentati durante la recita di uno strano Macbeth in abiti moderni.




Gli autori inseriscono varie scene della celeberrima tragedia, incrociandole con le indagini svolte da Batman per identificare l’attentatore.




Alla fine si scoprirà che il colpevole è un vecchio attore impazzito, che rimpiange il teatro classico, e giudica una profanazione le ambientazioni moderne.

E c’è modo anche di inserire il non plus ultra delle citazioni… quello che avrei studiato molti anni più tardi, al liceo, rendendomi conto che quasi nessuno sapesse di cosa si trattasse, tranne me che leggevo i fumetti.





Naturalmente ci sono molti altri adattamenti di Shakespeare a fumetti, tra cui quello celeberrimo di Gianni De Luca che sta per essere ristampato dalla casa editrice NPE; ma io volevo parlare di ciò che ho letto da piccolo.

E concludere col famoso monologo che scoprii grazie all’uomo pipistrello:

Life’s but a walking shadow, a poor player 
That struts and frets his hour upon the stage 
And then is heard no more. It is a tale 
Told by an idiot, full of sound and fury,
Signifying nothing.


giovedì 26 settembre 2019

O Venezia che sei la più bella


No, non conoscevo ancora la canzone che porta questo titolo, lascito anonimo dei moti rivoluzionari del 1848. L’avrei imparata molto più tardi, grazie a Francesco De Gregori e Giovanna Marini, nel 2002, ed avevo già i miei buoni 34 anni.
Quando conobbi invece Venezia, città unica al mondo, nobilissima e acquosa capitale di civiltà? Difficile dirlo.


Certamente ai miei tempi si studiava geografia alle elementari e si imparavano i nomi di tutti i capoluoghi di provincia, regione per regione. Ma non c’era Internet e, se non si avevano tanti libri in casa, era difficile poter vedere, a semplice richiesta, un panorama di Venezia, o di Roma, o di Timbuctu.
C’erano, però, nelle librerie o cartolerie, questi fascicoli


Ne consumavamo a badilate, per fare le ricerche che le maestre chiedevano continuamente su tutto lo scibile; e non è escluso che proprio da queste immagini mi sia potuto fare un’idea della città di San Marco.
Oppure no? Di spunti su Venezia me ne sono tornati in mente molti, anche recentemente, riprendendo in mano i vecchi Topolini.

Ecco qui un servizio dei primi anni Settanta  nel quale si spiega che solo i ragazzini avrebbero potuto salvare la città veneta. Non ricordo però se all’epoca lo abbia letto con attenzione; i cosiddetti “redazionali”, che ora mi appaiono la cosa più interessante delle riviste di fumetti, all’epoca li disdegnavo, desideroso solo di leggere le avventure di Topolino, Paperino & compagnia.
Ho già parlato, in un post precedente, della rubrica che sul settimanale mondadoriano teneva lo scrittore Salvator Gotta; ecco, su un altro Topolino antico, una sua risposta sul fenomeno dell’acqua alta.


Che Venezia avesse bisogno di essere salvata, lo avevo capito, un po’ confusamente, anche attraverso l’altro hobby di cui pure ho già parlato: i francobolli. Possedevo, ed ho ancora, questi pezzi.


Non ho mai avuto francobolli antichi o preziosi, per lo più ne avevo di contemporanei, staccati dalla corrispondenza commerciale che mio padre riceveva. Ma avevo un catalogo, e così scoprii che a Venezia erano state dedicate emissioni anche più antiche, tra cui una che mi colpì.


Che diavolo voleva dire “Come era Dove era”? Lo capii decenni dopo, grazie ad una mia amica e quasi concittadina, studentessa di architettura che poi a Venezia è finita a viverci davvero
(se vi interessa, la storia del crollo e della ricostruzione è narrata anche su Wikipedia, alla voce “Campanile di San Marco”).
Ma il maggior contributo alla conoscenza della lingua e cultura veneziana, e dei problemi della città, mi venne da una storia di Zio Paperone. Siamo quindi sempre su Topolino, ma alcuni anni dopo gli articoli che vi ho mostrato prima.



Quando lessi “Zio Paperone e la deriva dei monumenti”, disegnata dal veneziano Giorgio Cavazzano, non avrei mai pensato che un giorno si sarebbe cercato di realizzare il MOSE… Il vecchio papero ci fa certamente una figura migliore, suggerendo uno strumento per liberare la città dall’incubo dell’acqua alta, senza prendere mazzette e senza rischiare disastri ecologici… anche se un disastro ad un certo punto c’è, e San Marco va alla deriva (per poi tornare però al suo posto).
All’epoca avevo nove anni e quel parlare veneziano, con tutte quelle X, mi parve un po’ sospetto, un po’ finto. Mi vergogno di dire che, in effetti, misi piede in città per la prima volta molto più tardi, alla veneranda età di 29 anni…

Poco prima della pubblicazione della storia di Cavazzano, nel 1974, l’editore Ciscato aveva realizzato un intero volume cartonato a fumetti, l' Almanacco veneziano, composto da storie di vari personaggi, tutte accomunate dall’ambientazione tra le calli. Ma questo volume lo recuperai solo decenni dopo; vi mostro alcune immagini, più o meno fedeli.

RIP KIRBY
JOHNNY HAZARD
JANE
MODESTY BLAISE

Naturalmente di fumetti ambientati a Venezia ce n’è centinata ed oggi basta goooglare “Fumetti Venezia” per ottenere una teoria infinita di immagini. Alcune di queste storie le ho lette da grande (il classico di Hugo Pratt, ad esempio); altre non le ho mai lette ma mi sarebbe piaciuto farlo. Non so perché, mi piace particolarmente questa, che sembra risalire all’epoca del mio godimento letterario bambinesco.

Oh Venezia che sei la più bella…

domenica 4 agosto 2019

Rischiare botte per vedere SUPERGULP


Mentre su New York calavano le prime ombre della sera, dita paffute si dirigevano verso la grossa manopola del televisore in bianco e nero e privo di telecomando… Sul secondo canale Rai, una simpatica sigla dava inizio a SUPERGULP, FUMETTI IN TV, la trasmissione preferita dalla maggior parte dei bambini dell’epoca.
Come ne venni a sapere? Boh; forse tramite amichetti, o mio fratello. O forse tramite questa pagina sul numero 102 dei Fantastici Quattro, ai tempi il mio albo a fumetti preferito.

Luciano Secchi, il direttore del giornalino, aveva buone ragioni per pubblicizzare l’iniziativa; nel programma venivano presentati episodi sia di Alan Ford, il personaggio da lui ideato e scritto, sia dei supereroi della Marvel, pubblicati dalla Editoriale Corno, di cui era direttore editoriale.
Come confiderà anzi in una intervista successiva, era stato lui stesso ad ideare il nome SUPERGULP.
C’era stata una serie precedente intitolata soltanto GULP, ma all’epoca non lo sapevo. Così come non sapevo che, in certe famiglie, si facesse a botte per vedere i fumetti in TV.


Questa lettera la lessi solo anni dopo, anche se fu a sua volta pubblicata in un periodico dalla Corno; ma su Eureka, la rivista “per grandi” che iniziai a leggere e collezionare solo quando aveva già chiuso, recuperando tutti i numeri a prezzi di antiquariato.
La lettera fu pubblicata con nome e cognome del vigile urbano, che per carità di patria qui ho cancellato. Penso a quei poveri bambini che prendevano “un sacco di botte”, immagino dal poco edificante genitore; veri martiri del fumetto in un’epoca in cui non esisteva il Telefono Azzurro. Possiamo solo sperare che abbiano superato il trauma.
Io botte dai miei non ne ho (quasi) mai prese e ricordo di aver visto con enorme divertimento il programma, apprezzando soprattutto i cartoni animati di Nick Carter. Mi piacevano anche Tex e Alan Ford, che già leggevo come fumetti; ma rivedendo ora quelle semi-animazioni, si trattava in effetti di qualcosa che i bambini di oggi disdegnerebbero. Di fatto la telecamera riprendeva le tavole del fumetto, e veniva semplicemente aggiunta una colonna sonora. Un prodotto naïf, ma coraggioso e innovativo per i tempi, e che ci faceva sognare.
Nonostante l’enorme piacere per il programma, non mi lasciai tentare dalla rivista che sbarcò in edicola con lo stesso nome, anche se ne vidi la pubblicità su Topolino.


Forse il budget non me lo consentiva; o forse fu mio fratello maggiore a scoraggiarmi. Fatto sta che la rivista non ebbe grande fortuna e a tutt’oggi posso dire di non averne mai nemmeno sfogliata una copia.
Non molti anni fa, invece, mi sono lasciato tentare dal grande volume cartonato che uscì nel 1978 per i tipi della Mondadori.


Gran bel libro, tutto sommato, ma soprattutto bella operazione editoriale. La Mondadori riuscì a superare ogni questione di diritti d’autore, ospitando Nick Carter, Tex, Alan Ford, Asterix, i Fantastici Quattro, Thor, L’Uomo Ragno; personaggi, dunque, il cui copyright era nelle mani di artisti ed editori del tutto diversi.
Ovviamente il libro conteneva ben pochi materiali nuovi; le storie erano già edite, anche se, per quella di Tex, Galleppini realizzò un disegno nuovo appositamente (così almeno si legge nel volume).
Quello che mi chiedo è con che criterio furono scelte le storie dei tre supereroi della Marvel.
Per i Fantastici Quattro toccò a  “Terrore al campus” (testi di Stan Lee, matite di Jack Kirby, chine di Chic Stone), una storia del 1965, apparsa in Italia sul n. 30 della serie Corno nel 1972. 

Per Thor a “Le origini del dottor Blake” (Lee, Kirby, Vince Colletta), del 1968, apparsa sul n. 58 della serie Corno nel 1973.
Per l’Uomo Ragno a “Il mago” (Lee, Ross Andru, Bill Everett), una storia del 1968, apparsa sul n. 56 della serie Corno nel 1972. 

Sicuramente storie disomogenee, scelte una tra quelle che accennano alle origini del personaggio, le altre due poco rappresentative della evoluzione dei personaggi. 
Non so nemmeno se la scelta fu fatta dai redattori della Mondadori o maturò nelle stanze della editoriale Corno.
Una cosa è certa: nel 1978 sarei stato molto, ma molto felice di poter possedere un librone di questo tipo.
Per fortuna, non è mai tropo tardi.

mercoledì 31 luglio 2019

NON TOCCATEMI LE MERENDINE


Qualche giorno fa mi imbatto in un articolo sul Corriere della Sera che parla degli ultracentenari italiani. Parte l’intervista ad una di loro, la signora Cruciani e subito si menzionano le merendine (“noi non ne avevamo… noi solo cibo sano…”).
Allora, cerchiamo di capirci. Sono un genitore e so che i ragazzi devono avere una alimentazione sana. Ho visto anni fa Super size me, il documentario sul tizio che per un periodo mangiava solo da MacDonald, e so come è  pericoloso il cibo spazzatura. Lungi da me trascurare il dramma dell’obesità infantile. Insomma, bla bla bla, tutto quello che volete; ma non toccatemi le merendine!
Con parsimonia, con oculatezza, con tutto quello che volete. Ma se vi sentite giù, se avete un disperato bisogno di gratificarvi con del cibo, cosa mangiate? Pane e salame o una merendina?
Visto che la memoria con gli anni perde colpi, sono andato a sfogliare qualche Topolino dei tempi miei, per ricostruire i prodotti che mi piacevano di più. Non so se li ho trovati tutti, ma insomma, qualche pagina ve la mostro. 



Questa è interessante perché unisce il Kinder Brioss, che mi piace ancora oggi, a Sandro Mazzola, che per la verità non ricordo di aver mai visto giocare, ma che come nome mi era chiaro già ai tempi. Del resto, come ho scritto parlando delle figurine dei calciatori, avere gli album consentiva di conoscere nomi e visi dei giocatori anche quando non c’era modo di vederli in televisione.
L’ultimo campionato di Sandro Mazzola fu il 1976-1977, e l’album ce l' avevo: ecco la sua figurina.
        

Oggi possiamo serenamente dire che i figli di Mazzola non sono stati i campioni di domani (che ormai sarebbe uno stra-ieri); ma tant’è. Si spera che abbiano avuto ugualmente una vita serena.
Una merendina che ancora oggi ogni tanto compro alle macchinette, se ho voglia di sapori antichi, è la Fiesta. Ora ne esistono più tipi, ma quello classico resta il mio preferito.

La Girella invece non so nemmeno se si fabbrichi ancora. Non è mai stata la mia preferita, nemmeno ai tempi che furono; ma mentirei se negassi di aver letto avidamente le avventure di Toro Farcito. Queste, oltre che su Topolino, le trovavo sui miei amati albi della Editoriale Corno.

                                                                               
Nel campo dei biscotti, ho cercato, senza trovarla, una pubblicità dei Ringo, che ancora oggi piacciono ai miei figli. Sono invece scomparsi dal mercato gli Urrà della Saiwa, di cui pure ero ghiotto.


Cioccolato? Il Galak, senza dubbio. 


Ma anche il Carrarmato, che purtroppo non esiste più. Ricordo benissimo la pubblicità con la quale promettevano di regalarti un cane ammaestrato; cavolo, mi sarebbe piaciuto! Ma non ebbi mai l’intraprendenza di provare a scrivere qualcosa; in fondo, non credevo che davvero ammaestrassero un cane apposta per me!


Nel campo del cioccolato, come dimenticare il Ciocorì e il Sofli? Quest’ultimo, con le bolle d’aria, aveva un gusto che bon sono riuscito più a ritrovare (mentre il Ciocorì, in fondo, assomiglia ad un Kinder Cereali)





sabato 27 luglio 2019

MÜNCHEN 74 ed i calciatori tristi d'Argentina


Cosa aveva in mente un bambino degli anni settanta? Figurine, figurine, e ancora figurine.
Utili a conoscere i nomi dei calciatori; divertenti come passatempo; preziose come merci di baratto, giacché coi compagni di scuola ce le si poteva scambiare, ma anche metterle in palio come premio di una sfida.

Personalmente sono stato quasi sempre fedele alla Panini ed al genere “Calciatori”, pur non disdegnando un paio di raccolte “educative” ed una televisiva.

Il primo album dei calciatori di cui ho memoria è München 74, ma è un ricordo davvero sfocato. Ero piccino, non ricordo di aver realmente visto le partite davanti alla TV, ricordo solo che durante Italia – Haiti (3-1), mentre giocavo all’aperto, ogni tanto buttavo un’occhiata al televisore, o forse chiedevo informazioni agli amici più grandi.
Ma il bello degli album  di figurine era anche questo: creare un database ante litteram, un magazzino di ricordi. Potevamo non aver visto o non ricordare più le partite, le formazioni, i risultati; ma l’album ci consentiva di poter rivedere in qualsiasi momento le facce dei giocatori.
Nel caso invece delle figurine dedicate alle serie TV, potevamo  ripercorrere e reimmaginare gli episodi, visto che non esistevano videocassette, DVD, youtube o raiplay.
Avevo quindi, o forse lo aveva mio fratello maggiore, l’album originale. Ora non ce l’ho più, ma ogni tanto vado a sfogliare la ristampa che negli anni Novanta ne fece il quotidiano L’Unità  diretto da Walter Veltroni. E mi tornano in mente le considerazioni che facevo all’epoca, e noto particolari che mi sfuggivano.

Ricordo benissimo, ad esempio, che l’allenatore dell’Italia, Ferruccio Valcareggi, mi sembrava avesse duemila anni; ma ne aveva in effetti, come oggi posso verificare tramite Wikipedia, solo 55. Probabilmente la foto non era venuta particolarmente bene.
Un altro che mi sembrava vecchissimo era Felix, portiere del Brasile; e assurdamente allegri mi sembravano i calciatori del Cile, fotografati in primissimo piano.
Già, l’inquadratura delle foto. Mentre negli album moderni, che ho avuto modo di vedere con i miei figli, le immagini sono curate e ben fatte, ai tempi ogni nazionale aveva il suo stile: chi preso di fronte, chi di lato, chi dritto, chi storto.
Non lo notai allora, ma rivedendo, ora che è morto, il povero Johan Cruyff, come non pensare che qualcuno gli avesse fatto un occhio nero? Eppure probabilmente era solo un effetto di luce.

E guardate questa sequenza dell’Argentina. Uno preso di lato, uno quasi di fronte ma col viso drammaticamente in ombra, e l’ultimo… beh, se pensavate anche voi che Ruben Hugo Ayala fosse l’uomo più triste del mondo, allora siamo fratellini nell’anima!


Il settimanale Topolino offriva anche le figurine in omaggio, ma questo lo scoprii solo dopo, comprando dei numeri arretrati sulle bancarelle; quando cominciai a comperare regolarmente il settimanale in edicola, intorno al numero 1.000, eravamo ormai nel 1975 e la Germania aveva vinto il suo mondiale.


Se l’argomento vi interessa, dedicherò altri post ad altre raccolte di figurine che ho fatto in quegli anni.