La
psicologia, a volte, è tutto.
Penso
al vaccino che verrà, in questi giorni tristi, ed anche se spero che arrivi il
più presto possibile, una parte del mio cervello non può fare a mano di
rievocare la mia fobia per gli aghi, ed immaginare un liquido ostile che
penetra a forza dentro il corpo…
Poi,
qualche settimana fa, leggo che all’Università di Pittsburgh un team composto anche da un italiano (incredibilmente, mio compagno di classe all’inizio delle
superiori) sta studiando un vaccino sotto forma di cerotto… ed ecco che cambia
tutto!
Il
cerotto è uno strumento familiare, amichevole, “protettivo”; così l’ho sempre
percepito fin da bambino.
Mi
piaceva annusarlo, mi piaceva l’odore, mi piaceva farmelo mettere dalla mamma anche
per graffietti totalmente inconsistenti… cominciava a darmi fastidio solo
quando, una volta bagnato, ad esempio dopo aver lavato le mani, perdeva
aderenza con la pelle e cominciava a rammollirsi.
Ripassando
in rassegna le pubblicità su Topolino,
non è difficile trovare dei cerotti. Anzi, sul n. 945 ce n’era addirittura uno
in allegato. Ce l’ho ancora, integro, non l’ho mai aperto: eccolo.
Sarei
tentato dall’aprirlo, ma credo che sia “scaduto”; anche i prodotti non
alimentari degradano, quando avevo i figli piccoli ho scoperto che scadono
finanche i pannolini, nonostante siano fatti di plastiche varie. Mi conviene
tenerlo lì, so che se lo aprissi rimarrei deluso.
E’
un po’ come quando uno riattiva la radio che aveva da ragazzo: spera che
trasmetta la musica dell’epoca, che lo rimandi indietro nel tempo. Invece
trasmette esattamente la stessa roba che puoi ascoltare col cellulare.
Torniamo
ai cerotti. Per far divertire i bambini, cosa c’è di meglio dei colori? Ed infatti
il retro della pagina pubblicitaria su cui era incollata la bustina del cerotto
da aprire, propone dei
cerotti-arcobaleno… anzi, un concorso per indovinarne i colori.
Credo
proprio che quella confezione di Arlecchino fu acquistata più e più volte in
casa mia; ma l’unica foto del me stesso bambino, che ho trovato in versione
incerottato, non mostra particolari colori… a parte che l’intera foto, con gli
anni, è diventata violetta!
Comunque,
i miei ricordi vanno indietro, a metà degli anni Settanta. Siccome poi, per
qualche misterioso motivo, le cose antiche mi sono sempre piaciute, sono andato
a vedere un po’ di pubblicità molto più vecchie, che vi propongo qui di seguito.
Per
chiudere in bellezza, una illustrazione di John Henry Hintermeister (1897/1972)
intitolata “Primo giorno di scuola”; si nota la disperazione del bambino alle
prese con calcoli e compiti; ma, ancor più, si notano i cerotti che coprono le
ferite al ginocchio.
Non
potevamo vantarci di essere dei ragazzini forti, coraggiosi, avventurosi, senza
riportare, come “incerto del mestiere”, qualche ferita. Il cerotto era anche il
modo per mostrarle.
Molti cerotti, molto onore.
Molti cerotti, molto onore.






