mercoledì 3 giugno 2020

C'ERA UNA VOLTA IL CEROTTO


La psicologia, a volte, è tutto.
Penso al vaccino che verrà, in questi giorni tristi, ed anche se spero che arrivi il più presto possibile, una parte del mio cervello non può fare a mano di rievocare la mia fobia per gli aghi, ed immaginare un liquido ostile che penetra a forza dentro il corpo…
Poi, qualche settimana fa, leggo che all’Università di Pittsburgh un team composto anche da un italiano (incredibilmente, mio compagno di classe all’inizio delle superiori) sta studiando un vaccino sotto forma di cerotto… ed ecco che cambia tutto!
Il cerotto è uno strumento familiare, amichevole, “protettivo”; così l’ho sempre percepito fin da bambino.
Mi piaceva annusarlo, mi piaceva l’odore, mi piaceva farmelo mettere dalla mamma anche per graffietti totalmente inconsistenti… cominciava a darmi fastidio solo quando, una volta bagnato, ad esempio dopo aver lavato le mani, perdeva aderenza con la pelle e cominciava a rammollirsi.
Ripassando in rassegna le pubblicità su Topolino, non è difficile trovare dei cerotti. Anzi, sul n. 945 ce n’era addirittura uno in allegato. Ce l’ho ancora, integro, non l’ho mai aperto: eccolo.

Sarei tentato dall’aprirlo, ma credo che sia “scaduto”; anche i prodotti non alimentari degradano, quando avevo i figli piccoli ho scoperto che scadono finanche i pannolini, nonostante siano fatti di plastiche varie. Mi conviene tenerlo lì, so che se lo aprissi rimarrei deluso.
E’ un po’ come quando uno riattiva la radio che aveva da ragazzo: spera che trasmetta la musica dell’epoca, che lo rimandi indietro nel tempo. Invece trasmette esattamente la stessa roba che puoi ascoltare col cellulare.
Torniamo ai cerotti. Per far divertire i bambini, cosa c’è di meglio dei colori? Ed infatti il retro della pagina pubblicitaria su cui era incollata la bustina del cerotto da aprire,  propone dei cerotti-arcobaleno… anzi, un concorso per indovinarne i colori.

Credo proprio che quella confezione di Arlecchino fu acquistata più e più volte in casa mia; ma l’unica foto del me stesso bambino, che ho trovato in versione incerottato, non mostra particolari colori… a parte che l’intera foto, con gli anni, è diventata violetta!

Comunque, i miei ricordi vanno indietro, a metà degli anni Settanta. Siccome poi, per qualche misterioso motivo, le cose antiche mi sono sempre piaciute, sono andato a vedere un po’ di pubblicità molto più vecchie, che vi propongo qui di seguito.


Per chiudere in bellezza, una illustrazione di John Henry Hintermeister (1897/1972) intitolata “Primo giorno di scuola”; si nota la disperazione del bambino alle prese con calcoli e compiti; ma, ancor più, si notano i cerotti che coprono le ferite al ginocchio.


Non potevamo vantarci di essere dei ragazzini forti, coraggiosi, avventurosi, senza riportare, come “incerto del mestiere”, qualche ferita. Il cerotto era anche il modo per mostrarle. 
Molti cerotti, molto onore. 



2 commenti:

  1. :-) certo, le conseguenze delle scorribande estive!
    Grazie, non conoscevo questo illustratore

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