“Se quello che cerchi è un cuore da amare … un piccolo cuore per farti sognare…”
È poco nobile
ricordare e canticchiare il jingle pubblicitario di un gelato, anziché una
canzone scritta da qualche importante Artista?
Certo, i pubblicitari
sfruttano i sentimenti, usano dolci parole d’amore per piazzare delle merci;
secondo quelli a cui piacciono i paroloni grossi, si tratterebbe addirittura di
“pornografia dei sentimenti”.
In realtà, per quanto
il consumismo sia disdicevole nei suoi scopi, personalmente ho sempre ritenuto
che un musicista, disegnatore o regista, se presta il suo talento ad una
finalità commerciale come la vendita di un determinato prodotto, non smette per
questo solo di essere un artista.
Perciò, ad allietare questo
scorcio d’estate triste e virulenta, ben vengano i tanti disegnatori di fumetti
che hanno dedicato la loro arte a pubblicizzare i GELATI, prodotto estivo per
antonomasia.
Andando indietro coi ricordi, mi sembra di aver cominciato ad apprezzare il gelato con il Camillino. E dunque la prima immagine che vi propongo non può che essere quella disegnata da Benito Jacovitti (1923 – 1997) per lanciare questo prodotto della Eldorado.
I gelati al biscotto
mi sono sempre piaciuti: peccato che non ho fatto in tempo ad assaggiare
questo.
Il Fortunello della Alemagna doveva essere uno spettacolo, sia perché sembra (almeno
dalle immagini pubblicitarie) più largo del mio Camillino, sia perché dedicato
ad un classico personaggio dei fumetti: Happy
Hooligan, nato addirittura nel 1900, e sbarcato in Italia non molto tempo
dopo, sul Corriere dei Piccoli, nel 1908. O forse il merito è del cartellone di
Mario Menzardi (1914 - 2007), talmente bello che la casa d’arte
Cambi lo ha offerto in asta nel Giugno 2019.
Ma torniamo alla Eldorado.
Ecco un’altra
pubblicità disegnata dal grande Jacovitti, per un gelato che non ricordo in
effetti di aver assaggiato:
ed una molto più rara,
genericamente dedicata alla produzione Eldorado, firmata “Descar”; dovrebbe
trattarsi del fumettista Carlo Desiderati,
sul quale non dispongo di alcuna notizia biografica.
Leggere giornalini a
fumetti negli anni Settanta e Ottanta significava inevitabilmente imbattersi in
pubblicità di gelati. Molti sono della Algida,
la mia marca preferita, quella che ha inventato il mitico Cornetto.
Ma non posso
dimenticare gli amati albi dei supereroi della Editoriale Corno, che spesso, sulla quarta di copertina, mostravano
gelati da tempo scomparsi come il cono Atomic
della Motta
o l’ Hippy della Tanara, un marchio dimenticato nelle nebbie della storia.
Finora ho parlato di
gelati industriali, confezionati; quelli che certamente suscitavano più
curiosità, coi nomi e le forme buffe, spesso creati ad arte per ingolosire i
bambini.
In realtà, se si
studia un po’ la storia del gelato come prodotto, si deve risalire a qualche secolo
prima che si inventasse il moderno packaging.
Nel libro “Necessario
indispensabile”, catalogo di una mostra sulla diffusione dei prodotti
commerciali in Italia, allestita a Milano nel 1991, si legge che “All’era della
dominazione araba in Sicilia si può senz’altro ipotizzare la nascita delle
prime scuole di maestri gelatieri siciliani, ma il gelato vero e proprio, cioè
il mantecato di crema, risale al XVI secolo, a opera del fiorentino Bernardo Buontalenti”.
Sarà vero? La voce “gelato”
su Wikipedia, curiosamente, non cita né il Buontalenti (forse non aveva
abbastanza talento) né gli arabi (ai quali viene attribuito solo il sorbetto),
ma la Sicilia c’entra comunque; si parla di un cuoco di Aci Trezza, Francesco Procopio dei Coltelli (1651 –
1727), che avrebbe introdotto il gelato a Parigi fondando il café Procope, tutt’ora esistente.
Il catalogo e la
enciclopedia online concordano però nel ricordare l’importanza della scuola del
Cadore, in provincia di Belluno, i cui maestri diffusero il gelato in nord Europa
anche grazie all’invenzione del cono (o cialda).
Il dilemma tra gelato
industriale, con le sue confezioni multicolori, e gelato artigianale, con la
sua aspettativa di maggiore genuinità, è sempre di attualità. Anche i miei
figli, da bambini, si dividevano: il maschietto voleva il Cooky snack, la femminuccia la
coppetta alla fragola. C’era a volte da diventar matti per soddisfarli
contemporaneamente.
Visto che il
precedente post sui cerotti l’ho concluso con un disegno di John Henry Hintermeister, che ha
suscitato la curiosità di un lettore, ecco un’ opera in tema dello stesso autore:
“Kiss for ice cream”.
Ecco un altro
campione dell’epoca d’oro dell’illustrazione americana, Amos Sewell (1901 – 1983), con “Ice cream is not enough”, un’opera
del 1953 che mostra la disperazione dei bambini, e delle mamme, quando il gelato
non basta.
Per concludere: il
cuore, nella vita, è importante.
Ma, almeno d’estate,
forse lo è soprattutto quello di panna.









Ma non sarà Bernardo Buontalenti l’architetto?
RispondiEliminaBellissima la ricerca iconografica, complimenti!
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